La Valmarecchia è una valle che prende il nome dall'omonimo fiume Marecchia che corre lungo il suo tracciato. E' percorribile lungo la Via Marecchiese ed attraversa tre regioni: Toscana, Marche ed Emilia-Romagna. Inizia dall'Alpe della Luna e termina a Rimini. Lungo il percorso si trovano varie località; i paesi più grandi sono Badia Tedalda, Novafeltria, San Leo, Torriana, Verucchio, Santarcangelo di Romagna e Rimini, oltre a paesi o frazioni con nomi legati alle tipicità dei luoghi che sorgevano lungo il fiume: Ponte Presale, Ponte Messa, Mulino di Bascio, Ponte Santa Maria Maddalena, Ponte Verucchio, San Martino Dei Mulini. La Valmarecchia è ricca di luoghi d'interesse storico ed archeologico. Tra questi, le torri di segnalazione di epoca romana, che sorgevano a distanza visiva ed alcune ancora presenti, specie su alcune alture.
La Valmarecchia si differenzia considerevolmente rispetto alle valli messe più al nord, nella parte compresa tra i fiumi Santerno e Savio, le valli sono disposte perpendicolarmente rispetto alla dorsale dei Appennini formando una struttura omogenea "in denti di sega", caratterizzata da dorsale strette che scendono gradualmente verso il mare adriatico. Nella zona di Montefeltro le valli sono caratterizzate da scarpate o cadute intervallate da stimoli rocciose fortemente modellati dagli agenti atmosferici. Le formazioni marnose lasciano qui al posto ad argilla scagliosa di cui emergono delle rocce alte e ritagliate, formate soprattutto di gradimenti e di argille. Questa conformazione geologica collegata alla storia sanguinante medioevale che ha caratterizzato questo territorio, fa che i principali nucleo abitati si sono sviluppati sugli stimoli rocciosi che sono sospeso su il fondo delle valle.(fa eccezione la moderna Novafeltria che si trova nella valle).
CARATTERISTICHE GEOLOGICHE
Le rocce di San Leo e di San Marino sonno i frammenti di una grande lastra calcarea che precedentemente, quando la grande parte della penisola non era ancora emersa, ebbero la loro base al di là della linea che oggi indica il limite tra Toscana e Romagna. Il fondo di questo mare dei tempi Miocene (circa 15 milioni di anni) era costituito da una roccia friabile e fangosa che è all'origine della formazione geologica detta "dell'argilla scagliosa" [1]. Questo letto subacqueo di argilla scagliosa, scivolò sulle parti (ora occupate tra l'altro dalla Toscana e la Romagna) che provengono da settori occidentali tirreni. In relazione con gli spostamenti di orogenesi, subisce periodi di movimento ed altri di riposo, che permette la formazione, sul letto, di una lastra calcarea.
Quando i movimenti dei bassifondi ripresero, aiutati dallo spostamento dei ghiacciai, trasportarono anche la lastra che si era formata, simile ad un torrente che trasporta una zattera galleggiante. Ma quest'ultimo, si fessura, si divise, e abbandona i frammenti nel corso del percorso d'ovest-est, cioè verso l'Adriatico. Innanzitutto abbandonò il grande frammento, che è il Monte Varna (1283 m), quindi la lastra del Monte Fumaiolo (1407 m), ed infine di numerosi altri "pezzi", di qua e di la, dalla valmarecchia, lungo la quale le argille scagliose si muovevano e scendevano.
La roccia di San Leo (509 m) è uno di questi pezzi, un altro più basso, è il massimo maestoso del Titano (596 m) (San Marino), di altri sono Verucchio (332 m), Torriana (337 m). È nell'erosione del Pliocene e del Quaternario che strappò le rocce più tenere attaccando molto meno le rocce dure calcaree, che presero quest'aspetto che rimasto intatto fino oggi.
Gli strati di argilla scagliosa sono chiaramente visibili quando si prende la superstrada E45 Ravenna-Roma, all'incrocio degli Appennini, intorno alla località di Bagno di Romagna. Questi strati di colore grigi lattei, inclinati, sono intercalati tra strati rocciosi più densi di uno spessore da 20 a 30 cm. In questi strati, le scale sono piccoli frammenti di roccia piatta di circa 1 centimetro di spessore su alcune centimetri di lunghezza e tutti orientati nello stesso senso. Il colore grigi lattei dell'argilla si trova nelle acque dei fiumi al momento delle piene.
REFERENDUM DEL 18 DICEMBRE 2006
Nei Comuni di Casteldelci, di Maiolo, di Novafeltria, di Pennabilli, di Sant'Agata Feltria, di San Leo e di Talamello, attualmenti facenti parte della Regione Marche, il 17 e 18 dicembre 2006, si è tenuto un referendum (vedi Questione dei confini regionali) per chiedere alla popolazione di far parte integrante della Regione Emilia-Romagna nell'ambito della Provincia di Rimini. Il risultato ha visto la vittoria dei Sì con l'83,91% dei votanti.
Casteldelci (link)
Abitanti 623 Altezza 618 m. CAP: 61010
Patria di Uguccione della Faggiola, il condottiero celebrato da Dante, del cui castello restano i ruderi sul monte omonimo, Casteldelci è il cuore verde della Valmarecchia, dove questa si incontra con la Toscana. Rispetto ai castelli vicini, sempre contesi tra i Malatesta e i Duchi del Montefeltro, seguì sorti diverse, appartenendo anche a Cesare Borgia, Lorenzo de' Medici, al Comune di Firenze, per poi tornare ai Duchi di Urbino.
Suggestivo il centro storico che conserva intatta la torre civica e il bel ponte romanico sul torrente Senatello. La chiesa di Santa Maria in Sasseto è decorata da affreschi di scuola riminese.
Caratteristiche le frazioni di Gattara e Senatello, la località Campo ed altri nuclei disseminati nei dintorni, che giustificano una passeggiata a cavallo o anche a piedi. Un edificio rinascimentale di proprietà pubblica, Casa Mastini, e' ora disponibile quale accogliente struttura ricettiva.
Abitanti 786 Altezza 590m CAP: 61010
Sul monte di Majoletto si ergono a strapiombo i bastioni poligonali e una cortina dell'antica rocca, la cui polveriera fu distrutta da un fulmine nel 1639.
Tremenda sorte ebbe anche il borgo fortificato di Majolo che sorgeva sul fianco del monte e andò distrutto, travolto dalla stessa rocca, il 29 maggio 1700 a causa di un terremoto.
Una leggenda attribuisce l'evento funesto ad una punizione divina scatenata dai lascivi "balli angelici" che vi si tenevano. Nel borgo di Sant'Apollinare, la chiesa di San Biagio conserva un'abside romanica affrescata del '500. A qualche chilometro, la chiesa romanica di Santa Maria d'Antico, custodisce una maiolica invetriata di Luca della Robbia, raffigurante la Vergine con Bambino a grandezza naturale.
Nel mese di giugno gli antichi forni tuttora esistenti nel territorio comunale, vengono riattivati per la "Festa del Pane"
Il Comune di Montecopiolo ha una superficie di Kmq. 35,78, residenti in numerose frazioni sparse: Calvillano, Ca’Moneta, Pugliano, Villaggio Santa Rita, Villaggio del Lago, Petorno, Monto Rotto (le maggiori) e Villagrande, il capoluogo comunale. Il territorio comunale è situato nell’alto Montefeltro, confina a nord con il comune di San Leo; ad est con quelli di San Leo, Montegrimano, Montecerignone e di Macerata Feltria; a sud con quelli di Pietrarubbia e Carpegna; ad ovest con quelli di Majolo e di Pennabilli. E’ un comune prevalentemente montano, solcato dal fiume Conca e dal torrente Mazzocco. Comprende la vetta del monte Carpegna (1415 metri) e si estende per l’alto bacino del fiume Conca inglobando i monti Palazzolo e Boaggine. Essendosi il castello via via spopolato nei secoli moderni, l’odierno capoluogo comunale, Villagrande di Montecopiolo, edificato su un terrazzamento a valle del castello, si estende non sullo storico Monte Copiolo, ma alle sue pendici e a quelle del monte San Marco, del monte Montone (1104, parco faunistico) e del monte Pennuzza. E’ posto a 925 metri sul livello del mare, non possiede costruzioni di importante rilievo storico essendo appunto un centro sorto dallo spopolamento, in età moderna, dell’antico insediamento castrense. Sul suo territorio è presente un laghetto di 7.000 metri quadrati d’origine glaciale.
Il Comune è rinomato per i percorsi naturalistici e per l’abbondante innevamento del periodo invernale, è per questo dotato di diversi impianti di risalita. Parte del territorio montecopiolese è inoltre inserita nel Parco Naturale Regionale del Sasso Simone e Simoncello. In territorio comunale, proprio alle due estremità del paese di Villagrande, si conservano i ruderi di due castelli: dell’importante e principale castello di Monte Copiolo e del piccolo castello del Monte Acuto (oggi monte San Marco). Il castello di Monte Copiolo, con le sue importanti rovine immerse nel verde delle conifere, fornisce ancora oggi, oltre a splendidi scorci, importanti dati per la ricerca archeologica. Sempre in territorio comunale si conservano i ruderi del piccolo castello di Monte Boaggine.
Abitanti: 6.724 Altezza 293m CAP: 61015
Giovane comune, in origine chiamato Mercatino Marecchia perché sede di importanti fiere settimanali, è nato nel 1907 con il dilatarsi di alcuni borghi della vicina Talamello è tuttora un fiorente punto di riferimento per l'alta valle del Marecchia. Scelto come dimora dei Conti Segni di Bologna, ne conserva la villa seicentesca divenuta Municipio.
Lo stesso palazzo ospita anche il "Caffè Grand'Italia" in cui si respira ancora l'atmosfera di fine Ottocento. Nel cuore della città sorgono anche la chiesa romanica di Santa Marina (XI sec.) ed un elegante teatro ottocentesco. Nella frazione di Perticara, centro minerario di rilevanza nazionale ora dismesso, un Museo Storico Minerario testimonia l'attività centenaria di estrazione dello zolfo.
Il Monte Aquilone è meta di appassionati deltaplanisti.
San Leo sorge su uno sperone di roccia con le pareti a strapiombo sulla valle del Marecchia.
La sua splendida fortezza (sec. XV), opera di Francesco di Giorgio Martini, domina la valle dalla sommità della rupe inacessibile; di origini antichissime, la città dà il nome alla provincia del Montefeltro, essendo l'antica Mons Feretrius romana.
Fu capitale d'Italia con Berengario II dal 962 al 964. San Leone che ne fu l'evangelizzatore (IV sec.), e' oggi il patrono della città.
Nel centro storico le due meravigliose chiese, la Pieve e il Duomo rispettivamente dell'XI e XII secolo e la torre civica, ora campanile del Duomo. Nei dintorni il convento francescano di S. Igne (1243). Fra le persone famose ricordiamo Dante Alighieri che parla di San Leo nella Divina Commedia e San Francesco che si fermò a predicare e che qui ebbe in dono il monte della Verna (1213).
Il Conte di Cagliostro finì i suoi giorni in una cella del Forte.
Sant'Agata Feltria si erge fra le vallate del Marecchia e del Savio a 607 metri s.l.m..
Le origini di Sant'Agata si perdono nella notte dei tempi, certamente fu teatro delle lotte in queste valli tra i Galli Senoni, gli Etruschi ed i Romani. Sembra che sul monte Ercole fosse presente un tempio dedicato al dio pagano, su quel monte già nel V° secolo si trova la presenza di un convento agostiniano. Il nome di Sant'Agata deriva dalla Santa che in compagnia di San Leo e San Marino raggiunse queste terre, Mentre San Leo si ritirò sul monte Feretro e San Marino sul monte Titano Sant'Agata decise di salire in un primo momento sul monte di Perticara, poi per nascondersi agli occhi degli altri due Santi onde evitare loro ogni tipo di disturbo, Sant'Agata scese verso la valle del Savio e si fermò su un scoglio di pietra arenaria, da allora chiamato Roccia Sant'Agata, ove ora sorge la rocca. Sant'Agata appartenne ai Bizantini ed ai Longobardi per poi passare nell' VIII° secolo sotto il vescovado del Montefeltro.
Nel 1125 Onorio II° confermò alla Chiesa del Montefeltro il possesso del Castrum Sanctæ Agatæ, venne poi in possesso alla famiglia dei Carpegna che lo tennero, attraverso varie vicissitudini, fino al 1228 quando il comune si sottomise a quello di Rimini.
Nel 1315 il Castrum Sanctæ Agatæ venne preso di Tiberti di Petrella ai quali venne confermato il possesso nel 1297 dalla S. Sede. Nel 1315 Ludovico IV° infeudava il castello ad Uguccione Della Faggiola, negli anni successivi si alternarono i Tarlati di Arezzo, la S. Sede ed i Malatesta.
Nel 1464 Sigismondo Malatesta, sconfitto, dovette cedere il castello a Federico da Montefeltro, al quale, Pio II° concedeva il feudo su Sant'Agata. Federico da Montefeltro lasciò in dote il castello alla figlia Gentile Feltria, quando sposò il genovese Giovan Battista Fregoso. Questa famiglia tenne poi il castello e provvide a rinforzarlo con il contributo dell'architetto Giorgio Martini, da qui il nome della rocca che tuttora viene chiamata rocca Fregoso.
Nel 1561 una imponente frana si abbatté su Sant'Agata Feltria provocando molti danni e distruggendo il palazzo di Federico da Montefeltro.
La bellezza di Sant'Agata risiede nell'aspetto medievale che ha saputo conservare, è possibile visitare la rocca e da notare sono anche il palazzo del comune del '500, il convento dei Cappuccini ed il convento delle monache Clarisse.
Abitanti 950 Altezza 386m CAP: 61010
Prima i Faggiolani poi i Malatesta dominarono questo borgo, di cui si conserva l'impianto medievale e la cui origine e' anteriore al IX secolo.
Nella chiesa parrocchiale, che incornicia da un lato la piazza, è custodito un Crocifisso dipinto all'inizio del '300 da Giovanni da Rimini.
Di grande interesse gli affreschi conservati nella chiesetta del cimitero eseguito nel 1437 dal ferrarese Antonio Alberti. Il paese è noto per essere la patria del musicista Amintore Galli, autore dell'Inno dei Lavoratori (anche se, come ha scritto l'illustre Don Pietro Cappella, arciprete di Perticara, il Maestro è nato in realtà a MINIERA, esattamente in quella che oggi viene denominata "Via Fanante" che all'epoca era probabilmente sotto il Comune di Talamello) e per l'Ambra di Talamello, il particolarissimo formaggio stagionato in fossa a cui è dedicata una sagra in novembre. In ottobre vi si tiene la Fiera delle castagne della Valmarecchia.